L’albero di FICO esiste davvero nella piazza. L’inverno è rinsecchito e addormentato mentre in estate esplode di vita regalando un po’ di ombra e un tocco campagnolo. Fa un certo effetto trovare nomi di vie che si riferiscono a caratteristiche tutt’oggi esistenti come ad esempio via del piè di marmo, via dei tre pupazzi o piazza della quercia. È come se venisse percepito un sottile filo che ci lega ad un tempo passato.
Sul palazzo che si affaccia sull’albero di FICO, si notano due piccole targhe in ferro dall’aspetto elegante che spiccano dall’intonaco appena restaurato. Su di esse è scritto in rilievo “L’UNION 1828“, di cosa si tratta? Chi tra i lettori ha l’occhio più attento avrà notato targhe simili in altre parti della città. L’union era una società francese di assicurazioni contro gli incendi, e ai propri clienti richiedeva di apporre queste iscrizioni sui palazzi assicurati. Lo scopo era duplice, fare pubblicità e marcare chiaramente quegli edifici che dovevano essere assistiti in caso di incendio. L’union, infatti, era organizzata come una società di mutuo soccorso, e i suoi assicurati venivano assistiti oltre che dalle forze dell’ordine, anche da gruppi organizzati dalla società stessa.
Le targhe sono sopravvissute negli anni probabilmente per la loro eleganza che avrà incuriosito gli operai che le hanno risparmiate. Oggi se ne stanno lì a due passi dal FICO, ad ornare un angolo di una piazza piena di fascino.
Piazza del FICO quasi sicuramente prende il nome dai “figulus“, gli artigiani che fabbricavano pentole come narrato da alcuni anziani saggi del quartiere dove il bar è stato costruito nei primi del Novecento nella piazzetta del rione Ponte Parione.
La piazza, affiancata da un dedalo di vicoli, sembra appartenere alla scenografia di un teatrino, proprio come quello di marionette che nel XIX secolo si trovava in questo preciso slargo.
Gli odori sono forti simili a quelli di un paese; ogni mattina bancarelle di frutta e verdura venivano allestite per poi esser sbaraccate al pomeriggio.
Secondo alcuni di questi anziani saggi, un albero di FICO sarebbe comunque cresciuto nel cortile di un palazzo, per poi essere tagliato con la demolizione di alcuni edifici abbattuti per ingrandire la zona come chiarisce un’iscrizione marmorea.
Costruttori di pentole o meno mai come oggi il nome della piazza è diventato attuale fedele alla realtà. In che modo?
È bastato piantare un alberello dai frutti rossi e granulosi simboli antichi della prolificità proprio accanto al locale del numero 21 ormai conosciuto come il “BAR del FICO“.
Quasi tutti i giorni i clienti del BAR del FICO organizzano partite di scacchi sui tavolini sistemati nella piazza. Sembra un quadretto ricco di sapore, con i giocatori concentrati sulla strategia e gli spettatori che discutono animatamente sulle mosse fatte. Scene che sembrano provenire da un paese anziché da una delle più grandi città europee, rigorosamente nel pomeriggio: un bicchiere di vino o un caffè sono ancor più buoni se abbinati ad un’Olandese o ad un Controgambetto Albin.
Locale di riferimento nel centro di Roma grazie alla sua proposta che accompagna i clienti dalla colazione fino al dopocena, passando per il pranzo e l’aperitivo.
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